Autore Topic: Killzone  (Letto 2507 volte)

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Killzone
« il: Dicembre 14, 2006, 11:50:22 am »
Halo-Killer? Allora accettiamo e affrontiamo questa spinosa questione, Playstationonline.it legge sul proprio forum i commenti sull’ultimo lavoro di Guerrilla e prende appunti, annota impressioni e giudizi, poi impugna il pad e avvia uno dei più discussi giochi che gli sia mai capitato di recensire: seduto accanto Master Chief osserva silenzioso.

E’ GUERRA
Guerrilla ne sa di guerra, ne sa di eserciti, di conflitti e di armi. Il filmato che presenta Killzone in apertura è uno dei più belli mai apparsi su PS2. Scolar Visari, leader dell’impero Helghast fomenta una folla di soldati schierati sotto una bandiera minacciosamente nazista, con un discorso dai chiari toni patriottici e guerrafondai: “In questo giorno siamo qui, di nuovo uniti… Difensori del sogno Helghast, il nostro momento è arrivato”. E’ il preludio all’invasione di Vekta: migliaia di truppe Helghast eludono le difese delle piattaforme SD, satelliti militari in orbita intorno al pianeta, invadono Vekta City mettendola letteralmente a ferro e fuoco. La resistenza ISA, in attesa di rinforzi dal pianeta madre, la Terra, organizza una disperata difesa all’estrema periferia della capitale, ma l’esercito invasore può contare su una schiacciante superiorità e un miglior equipaggiamento. Il giocatore, alla stregua di una spaurita recluta, viene gentilmente accompagnato in trincea, tra deflagrazioni e compagni caduti e uno dei primi comandi ad essere insegnato è quello legato al tasto L2: accucciarsi prego. Meglio non vedere tutto ciò che succede intorno, almeno non subito. Meglio, molto meglio, prendere dimestichezza con i comandi perché le truppe Helghast avanzano rapide e la loro mira è tutt’altro che scarsa.

I DIVERSI MODI DI AFFRONTARE LA GUERRA
Superato lo shock iniziale, Killzone suggerisce subito di farsi un’idea su come quelli di Guerrilla hanno risolto uno dei principali problemi degli FPS su console e in particolar modo su PS2 e cioè i comandi. La prima impressione è drammatica. Mettere la testa fuori dalla trincea, avanzare lentamente tra i colpi che fischiano pericolosamente nell’aria, sparare qualche raffica (R1) e accorgersi di aver al massimo svuotato inutilmente qualche caricatore è spiazzante. Cosa c’è che non va? Guerrilla aveva sbandierato ai 4 venti che il suo Killzone era stato progettato intorno al Dualshock 2, che i comandi sarebbero stati semplicemente perfetti. La risposta arriva dopo qualche minuto, al comando della prima mitragliatrice da campo che si incontra. Tenendo premuto il tasto azione (X) Templar impugna la micidiale arma e piedi ben piantati a terra inizia a far fuoco. La risposta, dicevamo, è tutta qui, nei piedi ben piantati per terra: La leva analogica destra ora va precisamente dove volevamo puntarla, niente movimenti imprecisi e ingovernabili. Ora sì che il giocatore sa come sparare e controllare il proprio personaggio, improvvisamente sente sul proprio braccio il peso dell’arma equipaggiata, sente il rinculo, soffre l’imprecisione di un’arma a raffica, ma ne gode la potenza tra le mani. Muovere rapidamente il proprio fucile d’assalto lateralmente mentre si fa fuoco, significa non uccidere tutti gli Helghast di fronte in un raggio di 5 mt., ma solo “perdere” l’arma che spinta via dalla potenza di fuoco, sventaglia i proiettili senza precisione. E allora via da capo a resettare tutte le nozioni più o meno inconsciamente assimilate in anni di FPS e a rivedere l’intero agire sul campo di battaglia: Killzone si gioca solo in brevi raffiche sparate di fronte a se pena la totale mancanza di precisione e nello stesso tempo l’imbarazzante esposizione del proprio corpo alla mercè del fuoco nemico. Malefica questa nuova impostazione di gioco è fondamentale da assimilare e prevede numerosi simili accorgimenti come per esempio la totale inutilità di azioni eroiche allo scoperto, il non saper individuare il momento di starsene buoni buoni accucciati al riparo o le severe punizioni incassate ad ogni minimo errore come ritrovarsi in piena sparatoria improvvisamente con l’arma scarica.

“…CIO’ HA PERMESSO DI RIDURRE QUASI A ZERO I TEMPI MORTI CHE SPESSO, IN TITOLI DALL’AZIONE PIU’ LIBERA, FANNO SCEMARE L’ADRENALINA E ADDORMENTANO IL GIOCO.”

Tutto ciò è legato alla principale caratteristica di Killzone: la spettacolarizzazione. Giocare al titolo Guerrilla è come far parte di un’enorme e maestosa rappresentazione della guerra. Ogni cosa che accade o accadrà sullo schermo sta aspettando te e il tuo comportamento, le tue scelte. Una squadra Helghast è dietro al muro di un corridoio, ma non inizierà a sparare o non si muoverà fin quando il giocatore non avanzerà abbastanza o compierà una determinata azione. Tutto ciò ha i suoi lati positivi, ma purtroppo anche negativi. Se da una parte questo modo di raccontare gli eventi in corso consente di immergere il giocatore in un’atmosfera senza eguali, rendendolo partecipe oltre che protagonista di ogni situazione congeniata dagli sceneggiatori fin nei minimi particolari, dall’altra incatena ogni possibilità di personalizzare il modo di affrontarle. A questa scelta è legata per esempio l’assenza di un tasto Salto vero e proprio che impedisce di fatto di superare anche gli ostacoli più banali e di girare liberamente un’ambientazione, soprattutto quelle esterne. D’altro canto ciò ha permesso di ridurre quasi a zero i tempi morti che spesso, in titoli dall’azione più libera, fanno scemare l’adrenalina e addormentano il gioco, e in più enfatizzano ogni mossa compiuta dal giocatore anche quando, per esempio agendo sul tasto azione, scavalca una barriera o si striscia sotto una serranda. La spettacolarizzazione ha coinvolto anche la decisione di puntare moltissimo sulle animazioni del personaggio. Templar, membro delle RRF (Forza di Reazione Rapida), Luger, maresciallo ombra, Rico, un soldato regolare ISA, o Hakha, un agente operativo sotto copertura, questi i quattro personaggi selezionabili con il procedere della storia, avanzano sul campo di battaglia caracollando, non certo divorando metri come sospesi una ventina di cm. da terra, affannandosi ad ogni scatto e spesso perdono di precisione quando non riescono a tenere stretta l’arma impugnata durante una raffica. Ogni animazione raggiunge poi il suo apice al momento di ricaricare un’arma o di compiere un’azione speciale. Ogni fucile, pistola, lanciamissili, granata, in tutto 16 armi, ha una sua specifica animazione legata al ricaricamento che può durare anche diversi secondi mentre ad esempio nella doppietta vengono inseriti uno per volta le otto cartucce. Tra estrazione del caricatore, sostituzione con uno nuovo, spostamenti di linguette e messa in canna dei proiettili si rimane spesso rapiti dalla bellezza e complessità di tutte queste operazioni per non parlare poi delle azioni più o meno speciali come ad esempio salire o scendere una scala (niente più levitazione guardando in alto, ma piolo dopo piolo con le mani che li afferrano e la spinta dei piedi) o lo scavalcare una barriera con il braccio sinistro che poggia sull’ostacolo e il saltello agile che ne consegue in pieno stile Olio Cuore.

GLI HELGHAST
Se il processo di caratterizzazione è spesso risultato decisivo nella riuscita di un videogioco, quelli di Guerrilla hanno pensato bene di creare non un eroe in cui riconoscersi, ma un nemico da odiare. Gli Helghast con il loro aspetto misterioso, tutti uguali gli uni agli altri, in pratica un esercito di cloni, generano una sorta di sconforto nel giocatore: sono tanti, ben armati e non si fermano di fronte a nulla. Ne uccidi uno, sai che ce ne sono altri 5 o 6 nascosti chissà dove, e fatti fuori anche quelli sai che un’altra squadra arriverà da un momento all’altro. Occhi rossi spuntano ovunque, “come scarafaggi” grida un nostro compagno terrorizzato. Naturalmente l’ottima caratterizzazione perderebbe di credibilità se il loro comportamento digitale non fosse appropriato e perlomeno coerente. L’IA dei nemici è uno degli argomenti preferiti nei forum di mezzo mondo quando si parla di Killzone. La verità come spesso accade è un po’ meno estremista di qualche fanboy, e così si scopre che no, non ha rivoluzionato nulla, e che no, gli Helghast non sono degli idioti. A dire il vero ogni avversario sembra essere ben consapevole di avere il vantaggio numerico dalla propria e così non si lascia andare in stupide avanzate suicide, ma aspetta, si nasconde e cerca di far compiere al giocatore l’errore più madornale che possa mai fare su Vekta e cioè uscire allo scoperto, magari facendogli credere che la via è sgombra e sicura. Anche in questo caso allora resettate le nozioni FPS accumulate con anni di esperienza, non resta che studiare nei minimi particolari la disposizione del nemico, osservare i loro spostamenti e cercare di individuare i loro nascondigli, senza mai e poi mai azzardare azioni spericolate. Gli Helghast dicevamo non sono poi così geni, quindi non resta che sfruttare qualche loro indecisione o esitazione; non è raro osservare un ritardo nell’ingaggiare una sparatoria per esempio, ma è bene anche non sottovalutare le loro azioni di squadra, spesso ben congeniate con fuoco di copertura mentre una paio di soldati cercheranno di aggirarvi e prendervi di fianco. Per quanto riguarda i compagni invece nulla o quasi da ridire, se non fosse che a volte si sente la loro mancanza sul campo di battaglia. Tengono alla loro vita più di ogni altra cosa e se la situazione si fa pesante non esitano a tornarsene nelle retrovie lasciando il giocatore nei guai, ma avvertendolo, nello stesso tempo, che l’azione appena intrapresa forse non è delle migliori. Comunque è un piacere non trovarseli mai sulla traiettoria di tiro e peggio ancora cadaveri e anzi alcune volte il loro fuoco di copertura consente di starsene tranquilli a ricaricare l’arma o avanzare di soppiatto verso il nemico.

VEKTA
Fin dai primi filmati legati a Killzone si è subito capito che la resa visiva di questo gioco sarebbe stata uno dei suoi punti di forza. E in effetti il titolo Guerrilla lascia spesso a bocca aperta: ogni ambientazione è piena zeppa di dettagli, architettonicamente intrigante e credibile. Anche gli interni sono ben curati e finalmente arredati con macchinari da ufficio, poster, piante ornamentali ecc. Tutto questo crea un’atmosfera altamente immersiva ed evocativa: non siamo sulla Terra e non nella nostra era, ma lo scontro tra le strade di Vekta City potrebbe benissimo svolgersi in una qualsiasi capitale europea ai giorni nostri. Anche gli effetti speciali sono di altissima qualità, con le più belle esplosioni mai viste in un videogioco con migliaia di frammenti e polveri che si liberano nell’aria, o uno spettacolare effetto Blur ogni qual volta si compie uno scatto. L’effetto foschia è presente, ma l’atmosfera generata da questa nebbiolina marroncina fatta di polveri dei palazzi in frantumi, fumi delle esplosioni e scie di mezzi che solcano i cieli, fa dimenticare il vero motivo della sua esistenza e anzi rafforzano la resa visiva complessiva. Incredibili poi i volti dei personaggi e i filmati in genere con una spettacolare regia dinamica. Il motore grafico è ben più stabile e solido di quanto si potesse immaginare nonché sperare con saltuari rallentamenti nei momenti di maggiore ingorgo poligonale. In quest’ottica fa storcere il naso alcune pecche al sistema che gestisce le collisioni, con i cadaveri Helghast che sovente si immergono nei muri con un risultato assai sgradevole che cozza pesantemente con il restante comparto grafico di primissima qualità. Per quanto riguarda l’audio ciò che stupisce non sono tanto le musiche per altro molto belle, ma quanto si potessero ancora migliorare gli effetti sonori di un campo di battaglia in un videogioco. Esplosioni, proiettili che sibilano nell’aria, comunicazioni radio e grida di feriti, rombo di motori dei mezzi militari e anche solo i rumori delle armi sia durante il fuoco che durante la ricarica, settano un nuovo standard a cui far riferimento per tutti i videogiochi di guerra futuri. Godetevi se possibile questo ben di dio con un bel impianto ProLogic II e capirete cosa significa immergere completamente il giocatore nell’azione proposta.

HALO-KILLER?
Chiudiamo questa lunga recensione come l’avevamo aperta, con la scomoda domanda. La risposta è no, Killzone non è l’Halo-Killer. Ma quello che non avevamo capito o forse quello che dovevamo chiederci è se Killzone volesse realmente essere l’Halo-Killer. Il gioco Guerrilla inutile negarlo ha colto tutti di sorpresa perché in un certo senso di discosta tanto dagli FPS classici come il titolo Bungie, da rendere inutile ogni confronto. Forse in quel di Amsterdam sapevano che scendere in guerra con un mostro sacro come Halo in tempi in cui si affacciava anche un certo Half Life 2 non sarebbe di certo convenuto e allora hanno confezionato un gioco diverso. Ogni scontro con una truppa Helghast è più simile a un combattimento a turni di quanto si possa immaginare, avanzare lungo il livello su binari prestabiliti limita la libertà, ma consente di vivere l’esperienza Killzone esattamente come è stata concepita e cioè al massimo delle potenzialità. Certo spesso si vorrebbe fare in Killzone ciò che è consentito in Halo, ma è vero anche il contrario. In questa nuova ottica perde di valore anche il multiplayer, per altro nello standard senza clamori di sorta con le classiche modalità tipo Deathmatch, Assalto, una sorta di ruba bandiera ecc, proprio perché Killzone è nato e cresciuto sotto un diverso punto di vista. Giocare in un arena mostra esattamente cosa sarebbe potuto essere se nella modalità Campagna si fosse cercato di proporre il classico FPS: si sarebbe sofferto della mancanza di libertà, si sarebbe sofferto della mancanza del semplice tasto Salto, si sarebbe sofferto anche del complesso sistema di puntamento o della lentezza e macchinosità degli spostamenti. Per fortuna Killzone sì è spinto oltre, o forse ha solo cercato una nuova via. Prendere o lasciare: Master Chief sorride…

Di dalilozza

PlaystationLife.it

Killzone
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